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Ivan
Posted on Thursday, April 27, 2006 - 09:53 pm:   

Go to Civita di Bagnoregio. It is one of the most beautifully serene places I have ever been. Rick Steves writes about it here, but it can be found with a simple Google search.

civitahhi.jpg (interactive)
See photos in linked image, cool place :-)

Happy travels, Ivan
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Ivan Alexander
Username: Humancafe

Registered: 12-2017
Posted on Thursday, August 05, 2021 - 03:19 pm:   

La gentilezza perduta

Di Riccardo Luna

photo.gif

(From Italian.Tech)

Se è vero, come a volte ci diciamo, che la gentilezza ci salverà, allora siamo spacciati. In quel mondo reale che sono i social vige la legge del branco. Quando uno è in difficoltà, o fa un errore, anche veniale, nessuno si limita a farglielo notare con garbo: lo azzannano. Più è in difficoltà, più arrivano i rinforzi, per lanciare un'altra pietra. La gogna non era molto diversa.
Va detto che questo non avviene su TikTok o su Instagram, un po' perché sono costruiti come regni fatati, e molto perché lì i commenti sono nascosti, insomma te li devi spulciare tutti per trovare quello perfido, in grado di scatenare un flame, una fiammata; intanto ti passa la voglia di azzannare. Su Facebook e soprattutto su Twitter è diverso. I commenti più rilevanti su Facebook vengono mostrati prima e se vuoi che il tuo venga messo in evidenza, meglio spararla grossa; su Twitter poi contano quasi solo i commenti, cioè le conversazioni (unite in trending topic con gli hashtag).
Una volta, tanto tempo fa, su questa parola, “conversazioni”, avevamo costruito l'idea bucolica di un Web dove incontrarci, confrontarci, costruire un mondo migliore. C'è qualcuno che si sente di abbinare questi 3 verbi all'esperienza che facciamo tutti i giorni su Twitter? Twitter, va detto, rispetto ai social è un piccolo mondo per numero di utenti; e anche per tipologia: ci sono soprattutto giornalisti, politici e quelli che vogliono litigare con i giornalisti e i politici. Anzi, non litigare, insultarli. Sputtanarli. La cosa è eclatante con i personaggi famosi, ma riguarda un po' tutti. Se scrivi qualcosa di appena controverso, nessuno ti invita con garbo a correggerti proponendoti un altro punto di vista: sei subito un incompetente, un venduto, un pennivendolo. E chi te lo fa notare tagga un po' di amici invitandoli a lanciare la loro pietra. Su Twitter, e un po' anche nella vita, il punto di vista diverso non ha nessuna speranza di essere preso in considerazione. Noi abbiamo ragione e gli altri torto. Punto. E quello che conta non è nemmeno soltanto farlo notare, ma farlo notare a tutti, nella speranza di aizzare il branco (che però non ama perdere tempo e si muove solo se il bersaglio è davvero grosso).

L'altro giorno ho visto un tale che si è indignato perché in un post uno aveva messo un articolo al posto di un altro: un “di” al posto di “della”, una cosa così, e invece di suggerire con garbo una correzione, era partito all'attacco chiamando come giudice nientemeno che l'Accademia della Crusca. Quando poi ci sono di mezzo questioni più complesse, in cui è richiesta una competenza tecnica e la ricerca della verità è complessa, un piccolo gruppo di eletti sta lì solo a elencare gli errori altrui non con l'obiettivo di correggerli, ma di sbarazzarsi degli autori. Date una occhiata a quello che accade sulla vicenda della regione Lazio per capire. Sono tutti indignati speciali.
Ecco, io non so quando ci siamo persi la gentilezza. Se è colpa del Covid che ci ha stressati; o degli algoritmi che stanno dietro all'engagement dei social; o se siamo sempre stati così e non ce lo ricordiamo. Ma davvero abbiamo bisogno di più gentilezza, di venirci incontro, di dare la mano a chi resta indietro, di sostenere chi sbaglia, di provare a capire le ragioni degli altri. Di usare meno maiuscole e più corsivi. Di dirci buongiorno, per favore e grazie: quanto è esattamente che non lo leggete sui social?
Solo così ce la possiamo fare. E non ce la stiamo facendo.

Translated from Italian by Yandex:

If it is true, as we sometimes tell ourselves, that kindness will save us, then we are doomed. In that real world that is social-media, the law of the pack applies. When one is in difficulty, or makes a mistake, even venial, no one simply makes him notice it gracefully: they hit him. The more he is in trouble, the more reinforcements arrive, to throw another stone. Pillory was not much different.

It should be said that this does not happen on TikTok or on Instagram, a little' because they are built as fairy kingdoms, and a lot because there the comments are hidden, in short you have to comb through them all to find the treacherous one, able to unleash a flame, a flame; meanwhile you pass the desire to scratch. On Facebook and especially on Twitter it is different. The most relevant comments on Facebook are shown first and if you want yours to be highlighted, better shoot it big; on Twitter then count almost only comments, that is, conversations (United in trending topic with hashtags).

Once, a long time ago, on this word, “conversations”, we had built the bucolic idea of a Web where we meet, compare, build a better world. Is there anyone who feels like matching these 3 verbs to the experience we do every day on Twitter? Twitter, it must be said, compared to social-media is a small world by number of users; and also by type: there are above all journalists, politicians and those who want to quarrel with journalists and politicians. In fact, do not quarrel, insult them. Spit them out. The thing is striking with famous people, but it concerns a little' everyone. If you write something just controversial, no one graciously invites you to correct yourself by proposing another point of view: you are immediately an incompetent, a sold-out, a pennivendolo. And those who notice it tag a few friends inviting them to throw their stone. On Twitter, and a little' even in life, the different point of view has no hope of being taken into account. We are right and the others wrong. Period. And what matters is not only to make him notice, but to make him notice to everyone, in the hope of aizing the pack (which, however, does not like to waste time and only moves if the target is really big).

The other day I saw a man who was outraged because in a post one had put an article in place of another: a “di” in place of “della”, such a thing, and instead of graciously suggesting a correction, he had gone on the attack calling as a judge none other than the l'Accademia della Crusca. Then, when there are more complex issues, which require technical expertise and the search for truth is complex, a small group of the elect is there only to list the mistakes of others, not with the goal of correcting them, but get rid of the authors. Take a look at what happens on the story of the Lazio region to understand. They are all indignant specialists.

Well, I don't know when we lost the kindness. If it is the Covid fault that has stressed us; or the algorithms that are behind social engagement; or if we have always been like this and we do not remember it. But we really need more kindness, to come to each other, to shake hands with those who are left behind, to support those who are wrong, to try to understand the reasons of others. Use less capital letters and more italics. To say Good Morning, please and thank you: how exactly do you not read it on social media?

That's the only way we can do it. And we're not making it.


C
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Ivan Alexander
Username: Humancafe

Registered: 12-2017
Posted on Sunday, October 17, 2021 - 11:41 am:   

Alla fine, cosa significa tutto questo?


photo.jpg

Negli ultimi due decenni di discussioni Caffé Umanità, e oltre tre decenni di Habeas Mentem è stato pubblicato (come Man in all that Is) e ‘stealth’ di distribuzione (un semplice mila copie), ci aveva esaminato il conoscibile condizioni di realtà, e dedurre da esso la futura condizione umana del nostro essere. Questo era il compito assegnato al concetto seminale di "interrelazione", come la realtà universale sia una realtà interconnessa autoreferenziale che, ai suoi infiniti limiti, è auto organizzata in ciò che è. O come era stato affermato: “L'interrelazione è una matrice che lega insieme l'intero universo, definendo in sé ogni parte, che in noi umani, come tutta la vita, è definita come il nostro essere, il Chi siamo." Così, ogni definizione di essere nell'universo è come la pressione del resto di un'esistenza interconnessa ha permesso di essere, fino ai suoi atomi e quark, come quelle condizioni esistevano nel tempo. Questo è un compito arduo per noi da capire, perché nessun algoritmo può essere scritto per esprimere questa condizione di "identità", eppure è così che ogni cosa è nella sua esistenza. Ciò che questa identità riduce ulteriormente è che è Chi siamo, dall'infinito.

I nostri esami ci hanno portato giù molti percorsi: il nostro corpo astrale essere e la nostra nuova direzione di un mondo, per una nuova comprensione della realtà universale, e, infine, per una realtà universale vivente che definisce per noi Chi siamo.

Alla fine, abbiamo trovato qualcosa? Ha davvero significato qualcosa? Forse. Abbiamo esplorato la base di una buona governance, che siamo protetta dalla legge dalla coercizione con presunta innocenza,e che la libertà di espressione è la nostra prima a destra come libero esseri umani, se vogliamo essere protetti da potenza grezza. Questa è la condizione fondamentale dei diritti umani per il nostro benessere, il diritto di essere "Chi siamo" all'interno di un ordine universale definito da un'infinità interconnessa. È personale per noi, ognuno di noi come essere umano cosciente, essere liberi da sistemi oppressivi, non importa quanto potente o socialmente accettabile, o ben ragionato. Alla fine, tali sistemi socialmente costruiti esagerati ci privano della nostra umanità, dove diventiamo disconnessi dalla nostra identità umana e soffriamo. Questa è la linea di fondo, che qualsiasi sistema intellettuale che ridefinisce la nostra umanità secondo la sua ipotesi, e lo impone con punizioni, ci danneggerà più che aiuto, e questa è una condizione che è sempre sullo sfondo. Non importa quello che pensiamo di avere socialmente o politicamente progettato per l'umanità, se il diritto di essere quello che sei è negato, l'umanità soffre, e alla fine la società fallisce. Questa è una legge di natura, non del nostro fare, ma della propria definizione di se stesso.

Dal nostro due proposizioni fondamentali, interrelazione e identità, avevamo costruito una realtà naturale che esiste ai suoi termini, non ai nostri. È arroganza pensare che "noi" siamo l'intelligenza nell'universo, quelli che lo portano ordine, quando in realtà siamo il fattore di rischio caotico in esso. Portando conflitti e disordine, così come la creatività, la nostra visione dell'ordine e dell'armonia nelle nostre vite, siamo sia i creatori che i distruttori. Siamo umani, e dovrebbe essere celebrato con amore e gioia. Tuttavia, la nostra intelligenza non è che un punto microscopico all'interno del più grande ordine di tutta la realtà universale; siamo semplicemente partecipanti favoriti in essa, non i suoi autori. In fondo, non c'è davvero nulla di più fondamentale nella nostra condizione umana di questo: che se siamo costretti, costretti dall'identità del nostro essere naturale, il nostro Che, contro il nostro accordo, ci dissociamo dal nostro essere universale, come la nostra identità universale ci aveva reso. La coercizione contro la nostra volontà, contro la nostra accettazione e dignità, ci fallisce a un livello fondamentale della nostra esistenza, attraversando i nostri confini e mancando di rispetto al nostro diritto ad essere chi siamo. L'unico uso giustificabile della forza è quello di proteggere, con leggi e polizia, i diritti delle persone ad essere liberi dalle coercizioni. Se ci colleghiamo a livello globale come consapevolezza trans-coscienza, che siamo tutti collegati a questa realtà infinita, e gli uni agli altri, il nostro pianeta subirà un salto quantico nell'evoluzione della coscienza dell'umanità come non era mai stato visto prima. Alla fine questo, questo era ciò che tutto significava.

IDA



—————————————————————————————

In the end, what does it all mean?


photo.jpg

In the past two decades of discussions at Human Café, and over three decades since Habeas Mentem was published (as Man in All that Is) and its limited ‘stealth’ distribution (a mere thousand copies), we had examined the knowable conditions of reality, and deduced from it the expectant human condition of our being in it. This was the task assigned to the seminal concept of ‘interrelationship’, how universal reality is a self-referenced interconnected reality that, at its infinite limits, is self organized into what it is. Or as had been stated: “Interrelationship is a matrix that ties together the whole universe, defining within itself every part, which in us humans, as all life, is defined as our being, the Who we are.” Thus, each definition of being in the universe is as the pressure of the rest of an interrelated existence has allowed to be, down to its atoms and quarks, as those conditions existed through time. This is a tall order for us to understand, because no algorithm can be written to express this condition of ‘identity’, yet this is how each thing is in its existence. What this identity further reduces to is that it is Who we are, from infinity.

Our examinations have taken us down many paths: our astral being, and our new direction as a world, to a new understanding of the universal reality, and ultimately to a living universal reality that defines for us Who we are.

In the end, did we find something? Did it really mean anything? Perhaps. We explored the basis of good governance, that we are protected by law from coercion with presumed innocence, and that freedom of speech is our first right as free human beings if we are to be protected from raw power. This is the basic human rights condition for our well being, the right to be ‘Who we are’ within a universal order defined by an interrelated infinity. It is personal for us, each one of us as a conscious human being, to be free of oppressive systems, no matter how powerful or socially acceptable, or well reasoned. In the end, such overreaching socially constructed systems rob us of our humanity, where we become disconnected from our human identity, and we suffer. This is the bottom line, that any intellectual system that redefines our humanity according to its hypothesis, and enforces it by punishments, will damage us more than help, and that is a condition that is always in the background. No matter what we think we have socially or politically designed for humanity, if the right to be Who you are is negated, humanity suffers, and ultimately society fails. This is a law of nature, not of our doing but of its own definition of itself.

From our basic two propositions, interrelationship and identity, we had constructed a natural reality that exists on its own terms, not ours. It is hubris to think that ‘we’ are the intelligence in the universe, the ones who bring it order, when in fact we are the chaotic risk factor in it. By bringing strife and disorder, as well as creativity, our own vision of order and harmony in our lives, we are both the creators and destroyers. We are human, and it should be celebrated with love and joy. Yet, our intelligence is but a microscopic dot within the greater order of all universal reality; we are merely favored participants in it, not its authors. At bottom, there really is nothing more fundamental to our human condition than this: that if we are coerced, forced from our natural being’s identity, our Who, against our agreement, we become disassociated from our universal being, as our universal identity had made us. Coercion against our will, against our acceptance and dignity, fails us at a most fundamental level of our existence, by crossing our boundaries and disrespecting our right to being Who we are. The only justifiable use of force is to protect, with laws and police, the rights of the people to be free of coercions. If we link into it globally as a trans-consciousness awareness, that we are all connected to this infinite reality, and to each other, our planet will undergo a quantum leap in humanity’s consciousness evolution as had never been seen before. In the end that, that was what it all meant.

IDA

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